Uso del niqab e/o burqa
In Italia non si sono avute molte pronunce della Magistratura al riguardo ma, per la verità, quelle poche che sono intervenute sono andate verso un atteggiamento di condiscendenza all’uso del niqab (anche se poi, in effetti nei casi oggetto delle pronunce si parlava di burqa). Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3076/2008 nel ratificare la decisione del TAR del Friuli – Venezia Giulia n. 645/2006 che aveva confermato il provvedimento del Prefetto di Pordenone il quale aveva annullato l’ordinanza del Sindaco del Comune di Azzano Decimo che aveva incluso il velo tra i mezzi idonei a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, ha testualmente affermato: “Nello stesso atto di appello, il Comune non ha celato l’unica e principale finalità del provvedimento adottato dal Sindaco, sottolineando anzi che l’iniziativa aveva un forte rilievo politico e culturale in quanto il velo che copre il volto, oggetto dell’ordinanza, altro non è che il burqa indossato da molte donne musulmane, il cui utilizzo in luogo pubblico il Sindaco ha inteso vietare. Si rileva, in primo luogo, che del tutto errato è il riferimento al divieto di comparire mascherato in luogo pubblico, di cui all’art. 85 del R.D. n. 773/1931, in quanto è evidente che il burqa non costituisce una maschera, ma un tradizionale capo di abbigliamento di alcune popolazioni, tuttora utilizzato anche con aspetti di pratica religiosa. Non pertinente è anche il richiamo all’art. 5 della legge n. 152/1975, che vieta l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. La ratio della norma, diretta alla tutela dell’ordine pubblico, è quella di evitare che l’utilizzo di caschi o di altri mezzi possa avvenire con la finalità di evitare il riconoscimento. Tuttavia, un divieto assoluto vi è solo in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino.
Negli altri casi, l’utilizzo di mezzi potenzialmente idonei a rendere difficoltoso il riconoscimento è vietato solo se avviene “senza giustificato motivo”. Con riferimento al “velo che copre il volto”, o in particolare al burqa, si tratta di un utilizzo che generalmente non è diretto ad evitare il riconoscimento, ma costituisce attuazione di una tradizione di determinate popolazioni e culture.
In questa sede al giudice non spetta dare giudizi di merito sull’utilizzo del velo, né verificare se si tratti di un simbolo culturale, religioso, o di altra natura, né compete estendere la verifica alla spontaneità, o meno, di tale utilizzo. Ciò che rileva sotto il profilo giuridico è che non si è in presenza di un mezzo finalizzato a impedire senza giustificato motivo il riconoscimento. Il citato art. 5 consente nel nostro ordinamento che una persona indossi il velo per motivi religiosi o culturali; le esigenze di pubblica sicurezza sono soddisfatte dal divieto di utilizzo in occasione di manifestazioni e dall’obbligo per tali persone di sottoporsi all'identificazione e alla rimozione del velo, ove necessario a tal fine. Resta fermo che tale interpretazione non esclude che in determinati luoghi o da parte di specifici ordinamenti possano essere previste, anche in via amministrativa, regole comportamentali diverse incompatibili con il suddetto utilizzo, purché ovviamente trovino una ragionevole e legittima giustificazione sulla base di specifiche e settoriali esigenze.” La legislazione nazionale non fa divieto a una persona di indossare un velo per motivi religiosi o culturali, con l’unica eccezione che attiene a manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che prevedano tale uso.
E’ vero, però, che nel caso in cui si debba procedere all’identificazione di una persona così abbigliata, esigenze di pubblica sicurezza (o di polizia giudiziaria) richiedono che l’operazione sia condotta in maniera tale da poter giungere a un riconoscimento personale compiuto; è evidente, pertanto che, se del caso, la persona dovrà momentaneamente procedere alla rimozione del velo affinché l’operatore di polizia possa efficacemente portare a termine l’identificazione.
In tale ottica vedasi la sentenza del Tribunale di Cremona del 27 novembre 2008 che, massimizzando, ha affermato: “Non è configurabile il reato di cui all’art. 5 L.152/1975 a carico di una cittadina extracomunitaria, che, indossando in luogo pubblico un burqa, lo abbia immediatamente sollevato, onde soddisfare la richiesta di identificazione avanzantale da un agente di polizia. Indossare il burqa durante un’udienza in Corte d’Assise, se non vi è stato nessun impedimento od ostacolo, ovvero un apprezzabile ritardo, o difficoltà nel riconoscimento non integra la citata fattispecie di reato. Il giustificato motivo assume, invece, rilevanza esclusivamente nel caso in cui si ritenga, a seguito di interpretazione del caso concreto, che la condotta abbia ostacolato o solamente ritardato il riconoscimento.”.
Tutto ciò detto, gli operatori di Polizia potranno procedere, se del caso, all’identificazione della persona, evidenziando, però, che il fatto di indossare un tale capo d’abbigliamento, non è, allo stato attuale, penalmente o amministrativamente sanzionabile.
Commissario Capo
Dott. Cino Cecchini